Dal nostro blog Conversione o branding nel B2B?
24 giugno 2020 | di Simone Tidore

Conversione o branding; fidelizzazione o acquisizione: chi paga di più nel B2B in questa nuova normalità fatta di restartup e cambio di paradigma?
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Numeri chiari: 0,0 vs 1,6. Nel marketing B2B dedicarsi unicamente a strategie di up e cross selling non determina una crescita paragonabile a chi sceglie di comunicare in equilibrio tra retention e acquisition.
Il coraggio della prospettiva

Lo scenario del B2B marketing rimane limitatamente ancorato a strategie di breve periodo, in grado di stimolare risultati immediati ma poco durevoli. 
Manca una visione strategica più ampia: solo il 4% delle imprese, infatti,
monitora gli effetti delle proprie campagne marketing in una prospettiva temporale superiore ai sei mesi. Eppure dallo studio di LinkedIn B2B Institute, basato sui dati di IPA data Bank che ha esaminato le performance di crescita di aziende cross-settore per un decennio, traspare evidente la correlazione tra crescita e visione strategica nel lungo periodo. 

La risposta dell’equilibrio

L’atteggiamento attuale del mercato B2B predilige investimenti verso obiettivi del breve periodo, guidato da una fretta di risultati volta a intercettare la domanda e stimolarla alla conversione. Eppure le più grandi opportunità di vendita e marketing nel B2B sono nel grande out-of-market rispetto al ristretto in-market: è infatti tra coloro che ancora non manifestano un bisogno immediato che un brand lungimirante può costruirsi una crescita consistente, ragionando in ottica branding e posizionandosi nelle menti dei prospect che costituiranno la domanda del domani.
Non è necessario scegliere, la risposta è nell’equilibrio, che varia a seconda della maturità del brand. Jon Lombardo e Peter Weinberg, alla guida di LinkedIn Business, suggeriscono per i brand più giovani 35-40 branding e 65-60 activation; per brand maturi, percentuali invertite.
Significa che la strategia dell’equilibrio tra attivazione all’acquisto con messaggio razionale e branding marketing con messaggio emozionale pagherà 1,6 volte di più rispetto ad una di breve termine basata sul puro ‘immediate drive to sales’. Come comunicare?

Le prospettive di crescita si celano quindi nel comunicare ampliando il target, differenziando il messaggio in relazione all’interlocutore. Citando Jenni Romaniuk, lo scopo ultimo del marketing di un brand è fare in modo che questo venga in mente ai potenziali clienti come la risposta più logica e rapida per soddisfare il loro bisogno. 
Rivolgendosi a clienti vicini alla conversione, bisogna puntare sulla razionalità, con un messaggio pratico e informativo. Ma per garantirsi uno spazio nella mente del proprio target nel lungo periodo, occorre costruire un messaggio di branding emotivo, contraddistinto da unicità e costanza. 
All’interno della comunicazione B2B ci si dimentica spesso di creatività e originalità dell’ideazione del messaggio, compromettendone l’efficacia:
“Your products can be boring, but your ads can’t be”.

Il rapporto giusto

Jon Lombardo e Peter Weinberg, alla guida di LinkedIn Business, suggeriscono per i brand più giovani 35-40 branding e 65-60 activation; per brand maturi, percentuali invertite.
Significa che la strategia dell’equilibrio tra attivazione all’acquisto con messaggio razionale e branding marketing con messaggio emozionale pagherà 1,6 volte di più rispetto ad una di breve termine basata sul puro ‘immediate drive to sales’.
Lo scarso potere del marketing nella customer loyalty

Seppur il 65% dei marketers sia convinto che per crescere sia necessario concentrarsi su logiche di retention, i dati dimostrano come non sia la loyalty bensì l’acquisizione di nuovi clienti la strada da percorrere per garantire la crescita. Il motivo è semplice: le dinamiche che guidano il consolidamento della loyalty sono difficilmente influenzabili da un investimento marketing, perché strettamente legate alla qualità del prodotto e alla customer journey post conversion. L’incremento di guadagno con strategie di up e cross selling è, inoltre, limitato. 
Il consolidamento della loyalty si costruisce quindi paradossalmente lavorando sui prospect. I dati evidenziano infatti una correlazione direttamente proporzionale tra penetrazione e loyalty. 
Una strategia in contraddizione solo apparente anche il concetto di costi di acquisizione più elevati rispetto a quelli di retention. Al crescere della acquisizione, più opportunità di retention duratura saranno inserite nel customer journey.  

E quindi?
Proprio per il momento che stiamo vivendo con una fase re-startup da parte di molti ‘legacy business’ più o meno maturi, il bilanciamento tra sales activation e branding permetterà di ottenere dividendi più in fretta del previsto e al contempo con effetto duraturo, garantendo risparmio in marketing nel medio periodo.

Se vuoi approfondire come approntare la strategia di B2B marketing più adatta per la tua azienda, parliamone.
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