Dal nostro blog Video Marketing: 5+ Componenti di un Successo
8 febbraio 2019 | di The Digital Project

Non è possibile coinvolgere e raggiungere l’obiettivo senza una strategia video precisa.
Abbiamo messo insieme le 5 (+1) componenti trascurate (leggi sbagliate) per renderlo un successo. Spoiler: la parola virale non è stata impiegata neppure una volta.
#videomarketing
#videocontent
#socialmedia
“Se parti con un messaggio infangato e avvitato finirai per ottenere anche un video simile”
Siamo ormai alla fine del 2018, o meglio quasi alla vigilia del nuovo anno, e siamo pacifici nel poter dare per scontato che la strategia video debba ricoprire una parte preponderante dell’arsenale di strumenti di digital marketing di ogni brand. Ormai in molti ci sono arrivati (anche se i dati qui sotto testimoniano che c’è ancora margine di crescita). Una sua assenza sarebbe semplicemente un maldestro tentativo di negare un’evidenza generale importante: un video parla meglio di mille parole, e la mente umana percepisce la pozione di immagini, musica e parole armonizzate insieme nel più immediato dei modi, generando una reazione di empatia che le altre forme comunicative creano con maggiore difficoltà.
Qualche dato di fatto a supporto ancora meno ignorabile?
-    600 milioni di persone guardano video su Facebook
-    82% degli utenti di Twitter guardano video sulla piattaforma
-    1+ miliardo sono gli utenti di YouTube
-    10  miliardi sono i video visti su Snapchat giornalmente
-    100 milioni sono le ore di video viste giornalmente in rete.
-    82% del traffico web entro il 2021 sarà video (non solo per YouTube e Netflix)
 
Per quanto quindi non siamo più nell’anno della scoperta del video come leva d’ingaggio superiore, come dicevano in molti, tra cui l’imprenditore John Rampton in un articolo di Forbes, dell’anno 2016, è ancora impressionante invece come gli sforzi di realizzazione di contenuti video, per social media in particolare, non tengano affatto conto di alcune semplici, imprescindibili componenti  in grado di garantire successo oggettivo.
 
Le abbiamo listate unendo la nostra esperienza per clienti di settori diversi, fiuto dell’obiettivo nelle strategie digital e un po’ di buon senso, che non guasta mai, in particolar modo quando i budget di sponsorizzazione da impiegare per il lancio dei video suddetti non sono enormi - per essere eleganti. Eccoli:
 
#1 Piano editoriale video cercasi
Banale vero? Peccato però sia uno degli elementi più trascurati nella creazione di una efficace strategia video marketing. La creatività del singolo video soverchia tutto, compresa la pianificazione di una strategia temporale di rilascio multipla e ripetuta nel tempo - un aspetto rilevante considerato che la reach organica sui social non raggiunge il 10%, precludendo quindi che il video sia effettivamente visto da tutti gli utenti della community nel momento stesso della pubblicazione.
 
 
#2 Canali multipli, video idem
Con l’arrivo (finalmente) ad inizio anno anche di LinkedIn nella cerchia delle piattaforma dotate di un player video nativo, cioè all’interno del canale, ogni steccato è stato abbattuto: virtualmente ogni insegna OTT che conta supporta contenuti video originali. Pertanto è anacronistico pensare di editare il proprio contenuto video nello stesso modo per tutti i canali. La strategia video deve quindi tenere conto della necessità di un editing opportuno per i differenti intenti, contesti, stati d’animo, target, demo che connotano ciascuna piattaforma. Per essere più chiari: non si tratta necessariamente di realizzare contenuti nuovi al 100% per ciascun canale, bensì di editare ad hoc il format mastro secondo una strategia iniziale che già deve prevedere la multicanalità di distribuzione.
 
#3 Lungo o corto, questo è non è un problema 
Sfatiamo un falso mito: i contenuti video lunghi funzionano tanto quanto quelli corti. Ovviamente la differenza sostanziale nelle performance risiede nell’obiettivo a cui vogliamo mirare con il video. I long-form video sono più adatti al branding e alla narrazione, ad un target in grado di farsi conquistare da nuance e dettagli; i short-form al contrario sono più centrati per le vendite e/o suscitare un impatto shock nell’utente. In fase strategica è semplicemente necessario stabilire cosa si intende ottenere dal prodotto video e scegliere la lunghezza più congeniale allo scopo.
 
#4 Qualità del contenuto
La stagione del quick & dirty non è passata, ma il branding del proprio prodotto non può essere affidato a filmati troppo causal per rappresentarne appieno i motivi e la ragione d’essere. Soprattutto, grazie a un sapiente lavoro di motion graphics integrato con real life footage (anche solo composto da immagini statiche) è possibile tirare fuori dal cappello magico video di livello elevato a costi irrisori. Nota: per qualità del contenuto si intende anche quella dei titoli e dei copy che, contrariamente all’opinione comune, fanno la differenza nel percepito del pubblico
 
#5 La prima scena senza logo (aka gancio alla vendita) 
Il fine della prima scena è coinvolgere l’utente per farlo entrare in temperatura e proseguire la visione del resto del video - sia esso lungo o corto. Se il video propone direttamente in apertura logo e prodotto spiattellato in faccia all’utente, diminuirà drasticamente la possibilità di ottenere lo scopo: che l’utente completi la visione. Come mai? Perché il corteggiamento in quel caso è pari a zero. Serve un po’ di romanticismo per sedurre l’utente. Un utente sedotto è un cliente acquisito.
 
#5+ Inserire una Call to Action
Una recente indagine di Facebook ha rivelato che tuttora ben il 42% dei video nativi pubblicati sul social non presenta alcuna CTA, ovvero l’invito a compiere una azione, altrimenti detto il goal, che determina l’avvenuta conversione - acquisto, sottoscrizione, download o x. Errore fatale che fa crollare i click-thru. Questo dato strabiliante è frutto di un mix di ignoranza e supponenza. Se da una parte infatti molti operatori non hanno inteso che l’obiettivo strategico di ogni video è convertire, dall’altro in troppi sono convinti che il video sia un pezzo d’arte creative per così dire “evidente”, al termine della cui visione, quindi, l’utente saprà orientarsi autonomamente (tra nuove ricerche, nuove tab, e molteplici distrazioni successive) per cliccare senza indicazione. Probabilità di successo? La stessa di trovare l’uscita in un labirinto, bendato e dopo aver corso una maratona. Come consiglia Nick Gilliland di eConsultancy: “bisogna partire con due domande: quale messaggio voglio consegnare? Come posso renderlo coinvolgente. Se parti con un messaggio infangato e avvitato finirai per ottenere anche un video simile”.
 
#Bonus Fare video personalizzati.
Finora abbiamo fatto una sintesi di consigli veri e comprovati per far convertire meglio il video e di conseguenza per comporre una digital video strategy migliore. Ma… se il miglior consiglio fosse un altro? Fare video sì, ma realmente personalizzati. Come riportano anche i dati di un nostro precedente articolo, i video personalizzati rappresentano il futuro della comunicazione digitale. Perché? Molto semplice: i video personalizzati arrivano diretti alla persona, emozionano e coinvolgono l’utente meglio di qualunque altro mezzo. Cos’è un video personalizzato? Leggi qui. Le campagne video personalizzate hanno registrato un aumento del 33% della conversione e un aumento del 335% del coinvolgimento rispetto ai video standard. Numeri importanti a dire poco.

L’efficacia del video

-    52% dei marketer ha eletto il video come contenuto con il miglior ROI
-    200-300% aumento di CTR delle campagne email marketing che includono video
-    64% degli utenti dopo aver visto un video è più probabile che converta
-    2,6x  il tempo speso, in rapporto, su pagine web con video vs senza video
-    4x il rapporto tra clienti che vedrebbero un video di prodotto vs un articolo di prodotto
-    +49% la differenza di crescita tra le aziende con una digital video strategy rispetto alle altre
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