Dal nostro blog Un sito, oggi? Una buona idea digital, controcorrente.
30 agosto 2017 | Carlo Croci

Fonderesti la tua azienda per intestarla ad altri? Costruiresti la tua casa nel giardino del vicino? Saggiamente, no. Allora perché lasciare la propria presenza digital in mano a terzi e senza tutele (né chiavi)…

Negli ultimi tempi stiamo assistendo ad un fenomeno di rigetto da parte di molte aziende - micro, piccole, medie, grandi, giganti, newCo o oldCo trasversalmente senza eccezione.
#ideadigital
#sitowebpersonalizzato
Che ce ne facciamo di un (nuovo) sito web? Ci bastano i social (spesso il solo Facebook), in alcuni casi
Oppure: ci basta creare un progetto forte con una bella landing, in altri. In sintesi: c’è una grande perplessità sulla necessità di avere un sito web 100% responsive e full optional oggi. Confusione resa ancora più fitta da molti next-big-thingisti che cavalcano l’onda de ‘il sito è roba vecchia’ senza domande, distinguo e soprattutto valutazioni.

Il risultato? Di due tipi:
-Sempre più grandi marchi cercano di stupire e convertire con digital experience significative, elaborate e dall’effetto “wow” assicurato (AR, VR, app, actionable idea creative come ad esempio i video personalizzati). Strategia giusta all’ennesima potenza se non per un dettaglio: il punto di atterraggio di tali esperienze? Purtroppo sempre più spesso veniamo indirizzati su un sito così obsoleto che neanche la sotto-marca, nostra competitor, possiede.

-Numerosi piccoli e medi brand puntano tutto su contenuti video e digital advertising. Tutto doppiamente imprescindibile e giusto se non per un dettaglio: il punto di atterraggio delle azioni? Un sito e/o un negozio online dalla saracinesca scalcinata, spesso zero responsive (ovvero non ottimizzato alla fruizione mobile) e dotato di un’esperienza utente studiata da Minosse per il suo labirinto o dal famigerato ‘Cugino’.

 
Ecco che allora ci viene naturale fare un paio di osservazioni sul perché sia così vantaggioso oggi e sopratutto domani costruire un sito web ben studiato e come dicevamo: responsive. Oltre ad essere un’idea responsabile e all’avanguardia, è “ROI positive”,  che in molti casi risulta una valida alternativa economica a 1) dispendiose campagne di branding su media inefficaci che non godono più dell’attenzione del pubblico 2) l’implementazione di app native 3-4x più costose che nessuno o quasi usa continuativamente.


#1 Avere un asset di proprietà duraturo
Avere un sito web fresco e funzionale (leggi responsive con ux studiata e backend aggiornato) equivale ad avere un pilastro proprietario fondamentale per la propria presenza online, ovvero presenza e comunicazione del brand in generale.
Nessuno potrà estromettere il proprietario dalla propria casa legittimamente acquistata, nessuno potrà cambiare policy o regole di accesso (vedi punto #3) reclamando denaro o ‘dazi’, nessuno dovrà lasciare in mano a terzi l’opportunità o meno di poter effettuare l’aggiunta A o il progetto spin-off B.

#2 Avere una destinazione seamless
Avere un sito web vuol dire in altri termini essere in possesso di una piattaforma destinazione su cui far atterrare o lanciare qualunque tipo di iniziativa o conversione, di tipo istituzionale o branded content. Non importa che la call to action o l’esperienza digital sia direttamente legata al sito, il brand potrà godere comunque di un aumento di click al sito indotto. L’importante è essere certi di avere un sito web effettivamente on-point per non far decadere la promessa del brand che l’azione avrà auspicabilmente costruito sino a quel momento.


#3 Non essere alla mercé di terze parti
Avere un sito web costituisce la garanzia di non farsi privare del valore di marca e dialogo con la community costruito con investimenti e fatica. In parole più esplicite: delegare ai soli Facebook, Instagram o LinkedIn la possibilità di connettersi e interagire con i propri consumatori/interessati è un lento suicidio imprenditoriale. Se è vero che la possibilità di essere raggiungibili realmente (reach) dai propri 150.000 follower, è legata ad algoritmi sempre di più pensati per favorire gli investimenti pubblicitari sulle piattaforme stesse a discapito dei contenuti, significherà che salvo investimenti ingenti per il brand sarà raggiungibile 1/10 al massimo di quei 150.000. Quindi perché, accanto alla creazione di azioni di conversione al sito dai social, non iniziare anche a ingaggiare/fidelizzare via sito con azioni esterne?


#4 Conoscere il pubblico = avere i dati
Se prendiamo di nuovo in considerazione i social, reputati per rapporto costo/opportunità l’alternativa più efficace alla costruzione di un sito, ci dobbiamo però rendere conto che sono concepiti come walled garden. Perimetri più o meno larghi disegnati per mantenere l’utente il più a lungo possibile al loro interno anche e sopratutto per conoscerlo meglio. Tutta questa conoscenza reale rimane ovviamente di esclusivo dominio del proprietario della piattaforma salvo alcune statistiche clusterizzate e condivise con l’azienda di turno attraverso un cruscotto di analisi. Conseguenza: dei suddetti 150.000 follower l’azienda conosce ed è titolare di praticamente zero dati, privandosi così della possibilità di ingaggiarli con azioni di CRM e retention marketing a costi decrescenti nel breve/medio periodo.  


#5 Fare branding esponenziale
In termini di branding/marketing digitale della marca, affidare la propria immagine a parti terze (Facebook, Amazon o x senza particolari eccezioni) è come limitarsi a scegliere la propria vacanza tra 6-7 destinazioni molto popolari ma imposte e modeste rispetto alla vastità del mondo. Per quanto infatti le possibilità di customizzazione delle pagine stia migliorando, la libertà creativa e funzionale rimane limitata (e non a torto), vedi sopra punto #4. Al contrario, esattamente come per le vacanze, calcolando tempi, budget e esigenze a disposizione, per costruire un sito web si può accedere a infinite soluzioni per la rappresentazione della propria identità di marca con il look&feel,  la UX e l’architettura informatica più giusta. (Nota: nessuno qui parla di investire 30/50.000 € per un sito corporate senza particolari funzionalità backend o materiali creativi frontend anche nel caso di aziende medio grandi)


 

Dati di fatto

  •   Solo un secondo in più di velocità di caricamento di pagina più causare calo di vendite del 27%
  •   Quasi 8 consumatori su 10 dichiarano di smettere di vedere un sito immediatamente se non appare bene su mobile.
  •   44% dei visitatori abbandona il sito se sulla home non appaiono le informazioni di contatto.
  •   Su mobile l’utente medio abbandona il sito se non si carica entro 3 secondi al massimo. Per effettuare un test del tuo sito clicca qui.
#6 Guadagnare di più nel medio periodo.
Stiamo parlando di vendite di qualsiasi tipo dirette vs vendite via parti terze. Avere un sito e.commerce di proprietà permette di non dividere la torta dei ricavi con i vari Amazon o iTunes. Come noto, la fetta ceduta è alta perché direttamente proporzionale ai benefici, nessun dubbio. Ma una volta consolidato il business anche attraverso quelle stesse parti terze che erodono gli utili, una buona operazione è quella di spostare sempre di più le vendite all’esterno delle prigioni dorate, ovvero andare in-house.
Amazon, TMall, Facebook (che non riceve ancora commissioni referral) e iTunes, sopratutto all’inizio o nell’inserimento in un nuovo mercato, sono oro per un brand, grazie alla loro community e potenzialità virale in termini Pr. Inevitabilmente ad un certo punto, sarà bene lavorare direttamente per riequilibrare la loro incidenza in favore di utili e loyalty diretta. Il recente caso della app premium del Financial Times è un buon esempio di come preservare i propri ricavi costruiti su più di 900.000 abbonati esterni ad ITunes.


#7 Avere una web app anziché una app nativa
Apparentemente non è più così ‘cool’ avere un sito web? Ammesso e non concesso che la coolness in sé e per sé dell’attività sia un obiettivo di business (…), non c’è problema: got you covered. La soluzione è: un sito web è di fatto una web app. Ogni sito web infatti opportunamente ottimizzato cross-browser e mobile responsive è di fatto una super attuale web app, in grado pertanto di permettere la fruizione perfetta a quel 73% circa che accede ad internet da mobile. Elemento non da poco, passando invece a implicazioni più concrete di business, alla luce anche del fatto che essere web-based consente in molti casi d’uso di non interrompere il percorso utente al contrario di quanto accade per le app native (vedi #2).
Non a caso infatti già da qualche tempo si stanno testando soluzione ibride (a cavallo tra app e web) per ovviare al problema critico delle app native dell’adozione. La soluzione in studio di maggior interesse di questa categoria è sicuramente quella delle cosiddette PWA: Progressive Web App. Già benedette e supportate da Google, sono una soluzione mista ancora in fase di beta di cui stiamo approfondendo i pro e contro e di parleremo estesamente in uno dei nostri prossimi blog.


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#thedigitalproject

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